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Gianni Morandi, il giannimorandismo e la sindrome della fattoria.

12 febbraio 2015 by Silvia Versari Leave a Comment

sindrome_della_fattoria_frizzifrizzi_diecicose_bologna

 

Chi bazzica i social lo sa, Gianni Morandi è il caso dell’anno.
Ha una comunicazione fresca, non mediata, risponde ai commenti e bla-bla-bla. *Tutti* pazzi per Gianni Morandi. Me compresa. *Tutti* naturalmente a parlare di storytelling (con e senza hashtag).

Ma.

Questo ha generato un profluvio di imitazioni. *Tutti* a cercare il segreto di Gianni Morandi. *Tutti* a cercare i numeri di Gianni Morandi. E quindi giù di #giannimorandismo.

Però scusatemi, ho l’impressione che ai giannimorandisti sfuggano alcune considerazioni alla base. 

 

1. Cos’è “narrazione” e cosa non lo è.

La narrazione c’è, ma non è nei singoli post.
La narrazione è molto più lunga, e comincia molto tempo fa, quando Gianni era un ragazzino e già andava ai cento all’ora. Se fosse una serie tv, direi che i suoi post su Facebook sono una narrazione verticale, in una molto ampia trama orizzontale: quasi 55 anni, forse solo Sentieri è riuscito a fare meglio. Per ora.

A raccontare la rava e la fava di quello che fate, tutti i giorni, con una sintassi da quarta elementare annoiate a morte. Simone Sbarbati (aka Frizzi Frizzi) nella sua lezione al corso Dieci Cose (quello di cui ancora non ho parlato ma lo farò, giuro!) l’aveva chiamata “la sindrome della gita alla fattoria“.
Ecco. Sono andato, ho preso l’autobus, ho mangiato, ho visto, ho fatto, sono tornato a casa.
#NO. Narrazione è un’altra cosa. Per favore.

 

2. Non siete Gianni Morandi.

Ma non nel senso che lui è lui e voi non siete nessuno, ma nel senso che voi INVECE siete voi:  lui parla di sé e lo fa con la sua voce e voi dovete fare altrettanto.
Se volete avere il successo di Gianni Morandi dovete trovare la vostra, non prendere in prestito la sua. Dovete trovare una voce (e una sintassi) che vi rappresenti, non scimmiottare quella di un altro, che per forza di cose sulla vostra bocca risulterà forzata e innaturale. Parlare di sé, in modo spontaneo, sincero e naturale.

Semplice?
No, non lo è. Ci vuole tantissimo lavoro per essere naturale quando abbiamo consapevolezza di essere su un mezzo comunicativo, chiedetelo agli attori e agli scrittori.

 

3. Cos’è il successo.

Il successo di Gianni Morandi non è nei numeri. State guardando il dito.
Il dito sta indicando un’altra cosa: l’affetto. Il successo di Gianni Morandi non è nell’avere quei numeri lì, è nell’affetto che riesce a suscitare nelle persone. E come ci riesce? Non è perché usa la sintassi della quarta elementare. O meglio, è anche per quello. Ma quello è il mezzo. Cosa c’è sotto?

 

4. La coerenza.

Ecco cosa c’è sotto. C’è un messaggio che passa, che emoziona, perché non solo è autentico, ma è coerente.
La coerenza è il nostro metro di giudizio per l’autenticità. Lui ha lo stesso modo di comunicare di quando era ai militari. Ha una personalità forte, un personaggio costruito in modo sartoriale sulla sua persona. Gianni è così. Gli viene bene fare il Giannimorandi perché lui è Giannimorandi. La sua immagine gli corrisponde, è cresciuta con lui, rimanendo coerente.

 

In apertura: una slide di Diecicose illustra la sindrome della gita alla fattoria. Se volete la spiegazione del “famolo gonzo” dovete andare al corso, vi assicuro che ne vale la pena. Le date le trovate qui.

 

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